Di ritorno da un viaggio nei campi profughi saharawi vogliamo raccontarvi quello che abbiamo visto e sentito attraverso i racconti di uomini e donne che da 27 anni vivono, in condizioni estreme dal punto di vista umano, nei campi profughi in territorio algerino.
Per chi non conoscesse la storia di questo popolo vi mettiamo a disposizione una dettagliata ricostruzione storica che vi fornirĂ un quadro preciso di quello che è successo in questi 27 anni di esilio o precisamente da quel 20 maggio 1973, quando i combattenti del Fronte Polisario hanno iniziato la lotta per lâautodeterminazione.
Una lotta di uomini e donne che hanno messo in gioco i propri corpi e che con dignitĂ e forza credono ancora possibile ritornare nella propria terra da sempre luogo di colonizzazione da parte di paesi forti, lâultimo in ordine cronologico il Marocco. 200 mila persone che nel corso di questi anni, in esilio, lontani dalla loro terra, hanno con estrema dignitĂ , creato una comunitĂ regolata da principi orizzontali e democratici.
E questo grazie anche agli aiuti della societĂ civile internazionale, delle organizzazioni e associazioni, dei governi sensibili che attraverso mezzi materiali e senso di solidarietĂ hanno offerto loro opportunitĂ di sopravvivenza. Il filo conduttore del nostro viaggio era quello di verificare lâesistenza o meno di mezzi di comunicazione in grado di creare flussi di comunicazione sopratutto verso lâesterno.
Le sorprese non sono mancate e sopratutto le relazioni che abbiamo sviluppato sono state incredibili! Noi che amiamo il mezzo radiofonico ci siamo resi conto che proprio lĂŹ la radio ha un ruolo cruciale, incredibilmente potente. Le trasmissioni irradiate attraverso le onde medie ma sopratutto le onde corte verso parti di pianeta hanno un significato per noi irriconoscibile.
O ancora il concetto di âradio localeâ come mezzo educativo e informativo acquista un senso profondo quasi impossibile per me da raccontare. E tutto questo nonostante la sabbia che penetra i tuoi polmoni, il vento, quei 60 gradi allâombra che rallentano ogni tuo movimento. Le strutture sono state fornite in particolare dal governo basco, sono arrivate lĂŹ con un Tir che attualmente è la sede della Radio National Saharawi. Un âesperienza comunicativa sorretta da una trentina tra uomini e donne che attraverso lavoro volontario garantiscono un flusso informativo di circa 8 ore quotidiane. E questo nonostante le interferenze sulle frequenze in onde medie da parte del Marocco e una linea telefonica insufficiente a reggere una telefonata in diretta o lâaccesso alla rete.
Il segnale arriva anche nel Sahara Occidentale Occupato e rappresenta lâunico contatto con i propri fratelli, compagni lontani, spesso maltrattati e perseguitati. Nelle nostre interviste emergono continuamente parole come âmemoria, esilio, lontananza, ricordiâ, ma anche âforza, determinazione, dignitĂ âŚâ. Ci siamo lasciati con la speranza di un ritorno alla propria terra, nonostante tutto, nonostante un quadro internazionale estremamente avverso alla causa saharawi. A questo punto vi lascio allâascolto dei materiali audio che abbiamo raccolto e agli sguardi fissati dallâobiettivo della nostra macchina fotografica.
Gabriella Podobnich
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