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Nulla ferma Mardi Gras

Nel distretto Central Business di New Orleans, un vistoso pannello per le affissioni che pubblicizza il liquore Southern Comfort proclama “Nulla ferma Mardi Gras. Nulla”.

Quella festosa pubblicità mi ossessiona, tanto sembra disumana e crudele: “avete affrontato una perdita enorme, e adesso vogliamo usare la vostra città e le vostre tradizioni culturali per vendere un sacco di alcool”.

Non fermate Mardi Gras (Radiokcentrale.it)

Lungo la città, Mardi Gras è ovunque, ma non senza polemiche. Molti sono furiosi all’idea di un enorme festa che abbia luogo mentre le persone vengono ancora ricoverate nelle case di Ninth Ward. E nelle comunità della diaspora come ad Atlanta, c’è molta rabbia all’idea che si celebri una festa mentre loro sono tenuti fuori. Un ex leader del Zulu Mardi Gras Krewe ha persino intentato causa alla sua organizzazione (senza successo) per impedire loro di sfilare in parata, quest’anno.

Ho dei sentimenti contrastanti. Amo Mardi Gras a New Orleans. Non le parate e la Bourbon Street che vedete alla televisione, ma l’altra Mardi Gras che i media non mostrano. Ci sono tradizioni di Mardi Gras per quasi ogni quartiere e comunità, una serie di abitudini culturali che va dal King Cake e le volgari parate del Krewe Du Vieux ai cani che sfilano a Barkus; i clown punk e le battaglie con i carrelli della spesa di Krewe Du Poux; i favolosi costumi della St Ann Parade; e più che ogni cosa le tradizioni culturali del Mardi Gras Nero, che comprende tutto da Zulu, la più grande parata Nera, alle celebrazioni di quartiere che comportano le maschere degli Indiani del Mardi Gras, gli Scheletri e le Baby Doll.

La Pratica Indiana

Di recente ho passato una serata di domenica partecipando a una tradizione annuale chiamata Pratica Indiana a nel quartiere Central City di New Orleans. Tra i preparativi per la musica, le danze e i rituali del Mardi Gras, più di cento persone dalla comunità, strette e sudanti in un piccolo bar, he cantavano, suonavano il tamburo e danzano le canzoni di cui tutti conoscevano le parole, l’intera stanza intonava insieme la classica canzone del Mardi Gras Nero, Indian Red: “Ecco viene il Grande Capo / Il Grande Capo della Nazione / tutta la selvaggia creazione / Non si inchinerà / Non su quel terreno / Lo sai che amo sentirti chiamare, mio Rosso Indiano”.

Carnevale cosa accade? (Radiokcentrale.it)

Nel mezzo di questa folla, per un momento ho potuto dimenticare tutta la devastazione al di fuori. Comunque, quando ho chiesto a Nick, che ha passato qui la sua vita, vivendo in questo quartiere che decenni fa venne riempito con attività e jazz club di neri, quanti dei suoi vicini fossero neri, ha stimato meno del 10 %. Mentre le cifre ufficiali sono più alte, rimane il fatto che persino in un quartiere nero come Central City, che non è stato pesantemente danneggiato o allagato come l’oramai famoso Ninth Ward, le persone non sono ancora state in grado di tornare. Una serie di ostacoli, tra cui il rifiuto di accordare un’ipoteca sulle aree urbane deprezzate da parte delle compagnie di assicurazione, i licenziamenti di massa dei lavoratori della città, le scuole e gli ospedali chiusi, e la paura continua e l’incertezza riguardo gli argini che circondano la città, hanno tenuto lontana la gente.

Durante una recente messa domenica in una chiesa a pochi isolati di distanza, il reverendo Jesse Jackson ha chiesto alle 500 persone nella stanza quanti di loro fossero evacuati. Tutti hanno alzato la mano. Poi ha chiesto quanti avessero ancora una famiglia e dei cari che non erano tornati, e di nuovo si è alzata ogni mano nella stanza.

Per aumentare il vuoto, Calliope e Magnolia, due complessi abitativi pubblici in quartieri che quasi non sono stati danneggiati, rimangono deliberatamente vuoti; alla maggior parte dei residenti non è stato permesso di tornare.

Infatti, questa settimana, Oliver Thomas, il nostro rappresentato al consiglio al-largo-della-città, ha dichiarato pubblicamente che a molti dei residenti non dovrebbe essere permesso di ritornare. Rafforzando lo stereotipo che le persone siano povere perché non vogliono lavorare, Thomas ha dichiarato, “C’è stata un sacco di assistenza, e ad un certo punto devi dire No, no, no, no, no”, ed ha aggiunto, “Non abbiamo bisogno di spettatori di soap opere proprio adesso”.

La posizione di Nadine Jarmon

Allo stesso incontro, Nadine Jarmon, il responsabile nominato per l’Autorità Abitativa di New Orleans (Housing Authority of New Orleans, HANO) ha dichiarato che la posizione di Thomas rifletteva la loro politica, aggiungendo che se essi “non esprimono la volontà di lavorare, o non hanno un curriculum, e non lavoravano prima di Katrina, stiamo prendendo la decisione di non considerare queste persone”.

Tali dichiarazioni sono state fatte mentre, sei mesi dopo l’uragano, migliaia di case senza danni aspettano vuote e migliaia di abitanti senza casa di New Orleans affrontano gli sfratti dagli hotel della FEMA il primo marzo, e decine di migliaia di affittuari che vivevano nelle case danneggiate non hanno un posto dove andare, e nessun funzionario del governo sembra preoccuparsi se torneranno. Nel bel mezzo della crisi, Thomas, due altri membri del consiglio, e il presidente della HANO hanno accusato le vittime. E gli anziani, i feriti e i disabili? Non meritano una casa, anche se sono preparati al lavoro o hanno un lungo curriculum lavorativo? Perché si chiede agli inquilini delle case pubbliche solo se abbiano intenzione di lavorare?

In una recente dimostrazione organizzata dal New Orleans Housing Emergency Action Team (NO-HEAT), gli ex residenti del complesso residenziale St Bernard, molti dei quali in visita per la giornata dal loro esilio ad Houston, hanno espresso il loro desiderio di tornare alle loro case. Un residente ha proclamato che stava per trasferirsi nella sua casa come forma di disobbedienza civile. Mentre la sua azione è esaltante, l’idea che ci voglia la disobbedienza civile per ritrasferirsi nella tua casa priva di danni è profondamente disturbante. E’ questo quello a cui siamo arrivati?

Le raccomandazioni dell’istituto per la città

A una recente presentazione all’Università di Tulane, Thomas Murphy dell’Urban Land Institute ha parlato delle raccomandazioni dell’istituto per la città, tra cui il loro piano di sviluppare anzitutto le aree della città sulle alture (più ricche, più bianche). Ha anche raccomandato tre libri al suo pubblico, per la maggior parte studenti, tra cui “Il Principe” di Macchiavelli e “Regole per Radicali” di Saul Alinksy, dicendo, “la nostra missione dovrebbe essere battersi per quelli che non hanno voce”. Quando gli ho chiesto come conciliava la sua passione per i senza voce con le sue raccomandazioni di ricostruire prima le aree più ricche, e perché non si stava battendo per gli affittuari o gli inquilini delle case pubbliche, ha evaso la domanda con commenti su una “sociologia criminale” che si sviluppa nelle abitazioni pubbliche.

Le vittime sono state accusate. Le persone di questa città, che tanto hanno contribuito alla cultura di questo paese, che hanno creato una cultura di cui adesso godono i turisti ed altri, sempre lasciati fuori dai profitti, vengono esclusi ancora una volta, e messi in ultima fila. Come ha detto Bill Quigley, il direttore della clinica Loyola Law, “e se invertissimo le priorità, anziché dire che inizieremo col costruire dall’alto, e se dessimo la priorità al ristabilire le abitazioni e la giustizia per quelli che hanno meno con cui iniziare?”.

Anche per molti di noi che hanno vissuto in aree con inondazioni minime, come il mio isolato relativamente privilegiato della Seventh Ward, appena fuori dal quartiere alto di Esplanade Avenue, i mesi a venire portano una paura inespressa. Abbiamo poca fiducia nei terrapieni, poca fiducia nel Corpo di Ingegneri dell’Esercito, poca fiducia nel nostro governo. Come mi ha detto ieri un amico che vive a pochi isolati da me, “È testa o croce, e toccherà a noi la prossima volta“.

Per molti di noi abbastanza privilegiati da essere qui, è agrodolce vedere un altro Mardi Gras. E’ un periodo dell’anno che aspettavamo con ansia, prima, e mentre ora c’è molto da piangere, vogliamo anche abbracciare i nostri cari, abbracciare la nostra città, e forse abbracciare persino la decadenza. Nel frattempo vengono costruite piante di edifici, i fondi vengono distribuiti, alcuni quartieri vengono dichiarati inaccessibili, più persone vengono sfrattate, e quel pannello per affissioni della Southern Comfort ci deride: “Nulla ferma Mardi Gras. Nulla”.

Jordan Flaherty è un residente di New Orleans, un attivista del New Orleans Network e un curatore di Left Turn Magazine.

Di Jordan Flaherty

Traduzione a cura di Carlo Martini per www.radioforpeace.info

Redazione

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